Perchè i progetti falliscono

25 Ottobre 2023


Qui da noi, non c’è la cultura della mobilità sostenibile

Il problema è la mentalità della gente

I cittadini non sono ancora pronti a questo cambiamento.

Quante volte hai sentito queste frasi? Sono le conclusioni a cui arrivano spesso  progettisti, amministratori, comitati che cercano di promuovere i temi della mobilità sostenibile, senza ottenere i risultati sperati.

Ma allora, come facciamo a cambiare la “testa” delle persone per far loro smettere di usare l’auto? 

É l’incipit del libro Cambiare mobilità, cambiare mentalità di Antonio Consiglio, psicologo e appassionato di mobilità sostenibile. Antonio ha fatto incontrare i due mondi, per cercare di rispondere a questa domanda.

Antonio propone infatti di provarci. Ma conoscendo le regole del gioco: i processi psico-sociali che determinano chi siamo e il mezzo che usiamo. 

Con lui, ho provato ad arrivare al punto. 

Antonio, perchè molti bei progetti sulla mobilità sostenibile non ottengono un bel nulla?

Perché spesso è sbagliato il presupposto: pensiamo che dietro una scelta ci sia la riflessione razionale dell’individuo che valuta cosa è conveniente per se stessi e per il mondo.

La scelta della modalità di spostamento dipende invece soprattutto dalle appartenenze di gruppo, da regole implicite condivise, dalle interazioni sociali socialmente vincolate e sedimentate in abitudini.

Come usare la psicologia per far cambiare la scelta della modalità di spostamento?

Quando ho iniziato a raccontare in giro le mie idee, spiegavo che mi occupavo di “facilitazione dei processi di cambiamento nella scelta delle modalità di trasporto”.

Intendevo questo: i processi di cambiamento sono sempre in atto, in modo casuale.

Il nostro compito è catalizzare il cambiamento, renderlo più veloce di quanto farebbe senza il nostro intervento, Ovviamente, verso la direzione auspicata.

In poche parole, voglio essere un facilitatore del cambiamento, non un persuasore o un  “cambiatore”. 

E quindi, qual è il primo passo per far scegliere qualcosa di diverso?

La condizione più importante è rendere disponibile un “repertorio narrativo e d’azione”.  Tutto ciò che posso pensare, dire e fare deve essere in qualche modo disponibile nella cultura che abito, nell’aria sociale che respiro. 

Mi fai un esempio?

Oggi pensiamo naturale essere connessi: è un repertorio narrativo e d’azione disponibile. Senza la sua disponibilità, non potevamo né pensarlo né agire di conseguenza. Idem per una donna vestire i pantaloni; idem per considerarci italiani dal 1860. Solo se c’è l’idea, posso pensarla e agire di conseguenza. 

E la seconda leva su cui agire?

Prima l’azione e poi la consapevolezza, e non il contrario. 

Se riusciamo a mettere in sella o sul bus qualcuno, o a fargli usare il carsharing o il monopattino, sarà più facile procedere nel consolidare il suo cambiamento, accompagnando l’azione innovativa dentro il cerchio delle abitudini.

In che momento le persone sono più disponibili a cambiare le proprie abitudini di mobilità?

Tutte le nostre storie personali sono dei “racconti”, e il nostro sforzo è di dare coerenza a questi racconti per tenerli fissi e costanti nel tempo.

In certi momenti della nostra vita ci sono però delle rotture narrative. 

Un nuovo ciclo scolastico, un cambio di scuola, l’inizio di un nuovo lavoro, un cambio di sede lavorativa, un trasloco, una convivenza, la nascita di un figlio, la costruzione di un nuovo condominio, o di un nuovo quartiere. 

Queste rotture ci obbligano a riorganizzare rapidamente le nostre abitudini.

In queste fasi, siamo più “malleabili” e possiamo modificare con meno energia il racconto della nostra vita.

Dove trovarti?

Il 13 novembre si chiudono le iscrizioni a “Cambiare Mobilità Cambiare Mentalità”, corso dove insegno a governare i processi di cambiamento psicosociale. Qui il link!

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