La mobilità tra 10 anni: per tutti e non per pochi [ecco perché]. Intervista a Stefano Ciurnelli.

15 Febbraio 2022


La persona al centro, open-data, digitale, cura per il bello, partecipazione, e altre cose per cui la mobilità tra 10 anni può essere più inclusiva.

È quello che ho chiesto a Stefano Ciurnelli. Presidente di TPS, trentennale esperienza nella pianificazione per Amministrazioni a tutte le latitudini del nostro paese.

È la persona giusta per fare un bilancio degli ultimi 10 anni di politiche sulla mobilità in Italia. E per capire cosa ci aspetta per i prossimi 10.

Stefano, la mobilità nelle nostre città tra 10 anni: se chiudi gli occhi, cosa vedi?

Vedo una mobilità che realizza infrastrutture meno estranee al corpo delle città. In grado di portare anche una rinnovata bellezza nei paesaggi urbani in cui siamo immersi.

Una mobilità gentile, che riconsegna al cittadino la libertà di muoversi e di passeggiare, con un tempo di spostamento che è anche un tempo di qualità e di relazioni.

(foto TPS – G.Bombieri)

In Italia, si concluderà a breve la stagione della prima tornata di redazione dei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS), iniziata a livello europeo circa un decennio fa.

Tu hai un punto privilegiato di osservazione, avendo lavorato in tutta Italia, da Bolzano a Taranto.

Che bilancio possiamo fare per le città italiane?

I PUMS hanno portato una novità fondamentale nel modo di fare politiche di mobilità: la partecipazione dei cittadini alle scelte. I tecnici hanno fatto un passo indietro e hanno iniziato a capire che la realtà è molto più complessa da capire, e quindi da progettare.

Il dialogo e l’ascolto sono adesso strumenti ormai fondamentali. E hanno messo al centro un concetto chiave: dobbiamo progettare per le persone e per il loro benessere.

La partecipazione dei cittadini rimane però sempre un cantiere aperto: come si tiene questo aspetto dentro Piani che inevitabilmente hanno un inizio e una fine?

La risposta è dentro un tema che mi è molto caro: il monitoraggio delle azioni e dei finanziamenti. Ma qui dobbiamo mettere in campo strumenti nuovi per le Amministrazioni capaci di rappresentare il cambiamento, misurare i suoi impatti e restituire tutto ciò in maniera comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

I dati dei diversi operatori di mobilità (ma anche dalle compagnie telefoniche) devono diventare un bene per la collettività

Io vedo un gran bisogno di avere informazioni e dati che siano resi pubblici, per capire davvero cosa questi Piani stanno facendo nelle città, e non una-tantum. Pensi a questo?

Penso soprattutto a normare una volta per tutte l’uso dei big-data per questi scopi. I dati dei diversi operatori di mobilità – ma anche dalle compagnie telefoniche – devono diventare un bene per la collettività e quindi il più possibile “open” nel rispetto della Privacy.

Come sono cambiate le Amministrazioni in questi anni?

Vedo un’Italia a tre velocità: i capoluoghi delle aree metropolitane, che dispongono di finanziamenti importanti, le stesse Città Metropolitane chiamate a svolgere una funzione di raccordo e di garanti della coesione tra capoluoghi e territorio e, infine, la gran parte di città di piccole medie dimensioni che vivono un po’ ai margini questa vicenda.

E chi sta ai margini, cosa rischia?

Questo è un problema: la sostenibilità ha a che vedere anche con l’inclusione e il mantenimento di un capitale sociale diffuso che rischia altrimenti di rimanere tagliato fuori.

Quale è il lascito di questo decennio?

Un grande impulso alla mobilità ciclistica, anche grazie a nuove norme – penso alla legge 120/2020 sul nuovo codice della strada – e l’adeguamento delle città allo sviluppo tecnologico della sharing Mobility.

E poi chiaramente una accelerazione fortissima nella digitalizzazione della mobilità, ho in mente soprattutto per gli aspetti di pagamento di servizi integrati.

Su questa accelerazione sul digitale, vedi anche qualche pericolo?

Sì, ho il timore che possa esserci uno scollamento ai danni della popolazione più anziana, che ha ancora difficoltà e una certa diffidenza a utilizzare questi sistemi. È indispensabile curare questo aspetto, altrimenti lasciamo indietro una parte di cittadini in prospettiva sempre più consistente.

(foto TPS – G.Bombieri)

In questi ultimi anni, quali sono state le tue esperienze professionali più interessanti?

Ti do una risposta che forse non ti aspetti. Ho fatto un percorso di maturazione professionale con il lavoro nei PUMS delle Città Metropolitane, nel misurarmi proprio con la “missione” metropolitana dei Piani. Bologna, la prima a provarci, poi Firenze e infine Bari.

Qui entra il tema di come territorializzare questi Piani che rischiano di rimanere altrimenti molto distanti.

Esatto. Ho un po’ alla volta capito come trattare il coinvolgimento dei Comuni, come declinare gli obiettivi in target in cui ci si può riconoscere. Questi vanno calati e tradotti in una dimensione che tutti i cittadini possono comprendere e condividere.

Cura e prossimità, cura è prossimità. Riprendo questo concetto della “città 15 minuti”, quali sono le due opportunità più urgenti da cogliere su questa partita?

Il modello città 15 minuti serve a creare un tessuto di spazi di relazioni per fare fondamentalmente due cose: avvicinare le giovani generazioni a vivere la dimensione dialogante della città, il loro quartiere, e a prendersene cura. Insomma, per generare una consapevolezza del valore civico.

La seconda dimensione?

Sviluppare economia, e mi riferisco al commercio al dettaglio, quello della “porta accanto” che, in questa partita, può trovare un nuovo slancio e spazi di competitività. Ma qui serve coraggio e innovazione: alcuni operatori stanno capendo questa sfida, e si stanno attrezzando.

Ecco, voglio una mobilità che sia uno strumento per accompagnare il processo di relazione e trasmissione di valori nella quotidianità del viaggio della nostra vita.

Ce la possiamo fare?

Sì. Penso che tutto questo sia possibile implicando sempre meno l’utilizzo dell’auto.

Ho dei nipoti che mi stanno chiedendo di passare del tempo con loro. Ho bisogno di viaggiare e, soprattutto camminare con loro in uno spazio urbano sicuro e intuitivo, tanto per i bambini quanto per gli anziani.

Ecco, voglio una mobilità che sia uno strumento per accompagnare il processo di relazione e trasmissione di valori nella quotidianità del viaggio della nostra vita.


Illustrazione di copertina: Small Caps – “Bucato in volo”

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